“Un genitore saggio lascia che i figli commettano errori. È bene che una volta ogni tanto si brucino le dita”

Mahatma Gandhi

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Qualche anno fa tenni un incontro sul tema dei compiti con un gruppo di genitori di ragazzi dislessici. Mentre affrontavo l’argomento “responsabilizza tuo figlio”, sostenni che, in determinate occasioni, è necessario che i ragazzi si scottino, non possiamo salvarli sempre per il rotto della cuffia. Ad esempio, se per cinque giorni abbiamo ripetuto loro che dovevano mettersi avanti con i compiti perché nel fine settimana avevano un impegno e loro non li hanno fatti e si sono ridotti alla domenica sera alle nove per finirli, non sarebbe il caso di sedersi li con loro ad aiutarli, l’aiuto dei genitori c’era nei giorni precedenti, non la sera della domenica. Una mamma a questo punto alzò la mano infastidita, disse che se lei non aiutava la figlia e quest’ultima andava a scuola e veniva sgridata o peggio prendeva un voto basso, aveva delle crisi di pianto fortissime, e la sua autostima scendeva vertiginosamente.

Presi un lungo respiro e guardai quella mamma, mi presi il tempo per formulare al meglio il mio pensiero e le risposi che il ruolo del genitore è quello di sostenere i figli quando cadono e non di essere degli spazzaneve che rimuovono tutti gli ostacoli. Non è evitando ogni esperienza negativa ai bambini che gli aiutiamo a essere adulti forti e indipendenti. La tristezza, le cadute, gli inciampi, sono parte integrante della nostra vita e il valore di una persona sta nel modo in cui riesce a risollevarsi e non nell’evitare i capitomboli. Dobbiamo insegnare ai nostri figli ad affrontare gli insuccessi, sbagliare è una cosa normale, un fallimento non dice nulla di te come persona se non che sei qualcuno che si mette in gioco!

Ma eccoci al nodo gordiano della questione, sostenere l’infelicità dei figli!

Per un genitore non c’è nulla di più straziante di vedere il proprio figlio piangere perché ha fallito, perché è caduto metaforicamente o letteralmente, perché si è sentito umiliato. È difficile reggere la visione di nostro figlio che fa fatica, che è in difficoltà, senza potergli alleviare lo sforzo. L’istinto di protezione porta il genitore a voler spazzare via ogni ostacolo, ogni difficoltà, ma sostituirci a lui non è la soluzione. I genitori devono trovare la forza interiore per sostenere l’infelicità del figlio, stargli vicino mentre attraversa la tristezza senza volerla cancellare, rimuovendo il problema o sminuendolo.

Come possiamo fare quindi ad affrontare noi in primis questa paura e aiutare i nostri figli?

1 EVITIAMO DI RIMUOVERE TUTTI GLI OSTACOLI

  • C’è sempre un certo grado di fatica sia nello studio che nella vita, anche le relazioni amicali a volte possono essere fonte di impegno e dispiacere. Per quanto riguarda lo studio, possiamo intervenire quando ci sono difficoltà specifiche fornendo strumenti compensativi e dispensativi, ma questi hanno il solo scopo di equiparare la situazione, non di rimuovere la fatica insita nello studio. Un ragazzo delle medie senza difficoltà ci mette in media 45 minuti a studiare due facciate di un libro, dove per studiare si intende, leggere, sottolineare, fare lo schema e ripetere finché non è memorizzata. Non possiamo sostituirci a lui per far diventare quei 45 minuti 15, altrimenti lo priveremo di quell’esercizio necessario che gli permetterà con gli anni di diventare lui stesso più veloce.

2  LE SUE MANCANZE NON SONO LE NOSTRE MANCANZE

  • Se un ragazzo, nonostante il nostro supporto, non riesce a finire i compiti, in presenza di un carico adeguato alle sue capacità è giusto che si presenti a scuola senza aver terminato i compiti. Questo non dice nulla di voi come genitori, non siete meno attenti, meno presenti, non lo amate di meno, anzi state portando a termine uno dei vostri compiti genitoriali, gli state insegnando che ogni azione ha una conseguenza ben precisa.

3 REGGERE LE CONSEGUENZE

  • La difficoltà di sostenere le conseguenze delle nostre scelte non è solo dei bambini, anche noi dobbiamo mettere in conto che lasciarlo andare a scuola senza compiti o impreparato per una verifica avrà delle conseguenze. Potrebbe tornare a casa piangendo disperato, potrebbe essere sgridato dall’insegnante. Sembrano cose banali, ma so quanto possano essere difficili da reggere emotivamente per un genitore, sarete spinti a non farlo mai più per evitare di doverlo di nuovo vedere così affranto. Siate forti! ripetetevi che c’è più amore e forza del dare paletti e nel dire no, piuttosto che nel concedere tutto.

MA NEL MOMENTO IN CUI PIANGE… IO COSA DEVO FARE ???

  • Non distrarlo, non portarlo nel ristorante preferito o al parco per cercare di fargli dimenticare la sofferenza, scappare non è mai la soluzione giusta.
  • Non minimizzare, in quel momento lui o lei sta male, come vi sentireste voi se vi dicessi che quello che vi preoccupa o vi fa soffrire sono solo sciocchezze?
  • Non rincarate la dose con i “te lo avevo detto”

Invece prova a

  • Abbracciarlo e stargli vicino senza per forza parlare.
  • Ricordagli che quello è solo un piccolo inciampo, il passato è una lezione non una sentenza, tutto può ancora cambiare.
  • Ricordagli che il suo valore come persona non dipende da un singolo evento e che il tuo bene nei suoi confronti non sarà mai in discussione.

E ora tocca a voi… perché a volte, anzi la maggior parte delle volte, non esiste uno strumento o una tecnica speciale per risolvere la situazione aggirandola, ma bisogna gettarsi nel mare in tempesta e affrontarlo tenendosi per mano.

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