– ero in quinta elementare, non studiavo spesso, ma per quel compito di scienze mi ero impegnata, lo avevo fatto davvero, ed era andato bene me lo sentivo, avevo risposto a tutte le domande correttamente. Arrivò il giorno della consegna! Sufficiente. mi aspettavo di più, la giustificazione: troppi errori di grammatica. Torno al posto e guardo il compito ricoperto di segni rossi, e lo vedo! La maestra mi ha corretto una parola giusta, “coscienza”, ha aggiunto una I rossa quando già c’era la mia I. Sapevo bene la storiella, la coscienza troppo corta aggiunge una i per raggiungere la conoscenza che di lettere in più non ne ha bisogno. Vado dall’insegnante e le faccio notare che ha sbagliato a correggere, mi accusa di aver barato, di aver aggiunto la i in quel momento, se la mia maestra si fosse mai preoccupata di conoscermi in quei 4 anni nella sua classe, avrebbe saputo che da piccola non sapevo dire bugie, non riuscivo, era più forte di me, dicevo sempre la verità, cosa abbastanza irritante in verità, ma non ero proprio in grado di fare una cosa del genere. La maestra Maria pensò bene di umiliarmi facendomi girare con il compito per tutti i banchi, mostrandolo ai miei compagni per sapere la loro opinione in merito, i compagni guardavano il compito con la lente d’ingrandimento dando ovviamente ragione alla maestra.-

Sono passati 21 anni da quell’episodio, e lo vedo ancora chiaramente nella mia mente. Le scuole elementari sono state il mio più grande incubo, avevo così paura di andare a scuola che la mattina mi ero inventata un rito personale, mio padre mi lasciava a due incroci dalla scuola, e avevo molta strada da fare, lungo quella strada mi ripetevo che le 16:30 sarebbero arrivate in fretta, che se chiudevo gli occhi durante la lezione potevo immaginare di essere in un’altro posto e il tempo sarebbe andato molto più veloce, e tutto questo lo ripetevo ad alta voce, mentre guardavo le vetrine dei negozi, mi fermavo sempre davanti alla videoteca per contare quante VHS di Leonardo di Caprio c’erano in vendita, e ammirare il gigantesco poster della sua faccia sul muro del negozio, più camminavo più l’ansia svaniva, un giorno mi portò a scuola mia madre, e da mamma mi portò direttamente davanti alla scuola, andai in iperventilazione. Avevo costantemente mal di testa e mal di pancia. Sono stati cinque anni infernali. Da adulta sono dovuta tornare in quel posto per votare, e ancora mi veniva nausea, vomito e lacrime.

La mia scuola era super all’avanguardia con computer e aule multimediali, laboratori di ogni tipo e la maestra Maria reputata una delle più brave.

Ora facciamo un salto indietro di 50 anni e parliamo della maestra elementare di mia madre, la maestra Emilia una donna eccentrica, zitella, come si usava dire all’epoca. Mia madre era terribilmente dislessica, eppure in ogni singolo tema che scriveva c’erano 5 righe di complimenti su quanto lo scritto fosse fantastico, pieno di bello idee e fantasia e in basso in piccolo c’era scritto “pieno di errori di grammatica”. Quel commento in piccolo in basso, veniva percepito come una nota a piè pagina, non relativo al giudizio del tema. Mia mamma da adulta scoprì che in quella stessa classe erano presenti due bambine con handicap, senza sostegno, nessuno dei compagni si era mai accorto delle difficoltà degli altri, di una pensavano solo ci sentisse poco. Questa maestra non aveva strumenti tecnologici e non era neanche una santa ispirata da buon cuore, era una semplice insegnante che aveva capito quale doveva essere il suo compito, portare avanti questi ragazzi, ognuno con le sue particolarità concentrandosi più sul clima che c’era in classe che sulle tabelline.

Ne io ne mia madre avevamo un PDP o una diagnosi, eppure una delle due ha vissuto bene la scuola elementare e l’altra no.

Non c’è computer o programma che può aiutare un ragazzo quanto un insegnante che lo capisca che lo accolga, che sia anche severa, ma mai fonte di umiliazione, anche involontariamente.

E’ inutile mandare il proprio figlio in una scuola con indirizzo “tecnologico per dsa” che puzza tanto da differenziale politically correct, per avere docenti che pensano di risolvere la difficoltà del DSA con l’uso della LIM o della sintesi vocale, senza capire che il modo in cui possono davvero sostenerlo è creare occasioni in cui possano sperimentare successo, se non stanno attenti a chi hanno davanti, fanno solo altri disastri. Perchè, gente, sveglia! Oltre che DSA siamo anche persone, ognuna con il suo vissuto, ci sarà il ragazzo più sensibile e quello meno, quello furbo e quello tontolone. Ci sarà il DSA che adora il computer e quello che lo odia. Ci sarà il DSA che odia leggere e quello a cui piace. Ci sarà il dislessico con una dislessia gravissima e quello con una dislessia leggera.

IL MIGLIOR STRUMENTO COMPENSATIVO PER UN RAGAZZO E’ UN BUON INSEGNANTE.

Il problema è che ai corsi di formazione per DSA insegnano ai docenti solo strumenti digitali, cosa non far fare a un DSA, cosa invece fargli fare. Senza mai soffermarsi sul fatto che con i ragazzi la cosa più importante è come li fai sentire quando insegni, è l’emozione che loro associano alla tua lezione che gli aiuterà o gli affosserà. L’insegnaemento passa attraverso il pathos è l’unico modo per far nascere la scintilla.

In memoria della maestra Emilia che ho conosciuto attraverso i racconti di mia madre.

Un abbraccio

Sara

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